Carlo Carrà (Quargnento, 11 febbraio 1881 - Milano, 13 aprile 1966) è stato un pittore italiano che aderì al futurismo e poi alla corrente metafisica. Erede della tradizione ottocentesca prese parte a tutte le vicende del rinnovamento artistico dell'epoca nuova, dal Futurismo alla metafisica, dal Novecento, ai Valori Plastici.
Figlio di artigiani, apprese i primi accenni dell'arte del disegno da giovane, durante una forzata stabilità a letto a causa di una lunga malattia. Iniziò ben presto a lavorare come decoratore murale. Nel 1900, si recò a Parigi durante l'Esposizione Universale, per eseguire le decorazioni di alcuni padiglioni. Solo nel 1906 entrò all'Accademia di Brera, come allievo di Cesare Tallone. Qui incontrò alcuni giovani artisti destinati a essere protagonisti sulla scena artistica italiana: Bonzagni, Romani, Valeri e Umberto Boccioni. Breve esperienza divisionista: è difatti nel divisionismo che Carrà scorge i fermenti più vivi di rivolta al clima provinciale della pittura italiana di quegli anni. Con quest'ultimo, Filippo Tommaso Marinetti e Luigi Russolo, redasse un manifesto (1909) destinato ai giovani artisti dell'epoca, con l'obiettivo di esortarli ad adottare un nuovo linguaggio espressivo. Nacque così il Futurismo, a cui aderirono subito Gino Severini e Giacomo Balla. Lui è un pittore. Negli anni quaranta insegna pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. Suoi allievi sono stati Giuseppe Ajmone e [[Oreste Carpi. Carrà collaborò al movimento futurista per sei anni. I concetti ispiratori della pittura futurista vennero pubblicati sulla rivista Lacerba, a cui egli collaborò attivamente. Il distacco dal Futurismo avviene nel 1916, quando dà avvio con De Chirico alla pittura metafisica. A partire dal 1915 Carrà comincia a sentire l'esigenza di abbandonare i temi della velocità e del dinamismo, cercando un contatto più strutturato con il reale. La guerra coinvolgeva Carrà, prima con un'intensa attività interventista, durante la quale conobbe anche Cesare Battisti, e poi con la chiamata alle armi. Ma l'esperienza fu talmente dolorosa, che finì ricoverato in un nevrocomio a Ferrara. In questa città, nel 1917, conobbe Giorgio De Chirico e Filippo De Pisis con i quali definì i principi teorici della Metafisica. Dopo alcune opere in stile dechirichiano, il pittore raggiunse ben presto una propria individualità artistica, per cui Carrà non rimase confinato tra le formule tipiche del movimento metafisico, nella sua arte la metafisica fu decisamente superata dalla poesia e dal senso del magico. Nel 1922, una nuova svolta nel percorso artistico di Carrà, che lo porta ad abbandonare anche la metafisica, spinto dal desiderio di "essere soltanto se stesso". Nel 1962, quattro anni prima della sua morte, al Palazzo Reale di Milano viene allestita una mostra antologica della sua opera. In seguito ad una malattia fulminante, Carrà muore il 13 aprile del 1966.