Gino Severini, (Cortona 1883 – Parigi 1966) è stato un pittore italiano del primo Novecento che non si è mai omologato ad uno stile definito ma ha interpretato i movimenti e le avanguardie che nascevano in quegli anni, da una prospettiva assolutamente personale.
Dopo aver passato l’infanzia a Cortona, si trasferì giovanissimo a Roma. Proprio nella capitale conobbe Giacomo Balla, pittore già affermato, tra i protagonisti del divisionismo italiano, il quale avvierà sia Severini che un altro giovane pittore (Umberto Boccioni), alla tecnica divisionista.
A Roma, però, non trovò il successo sperato e per questa motivazione decise di trasferirsi a Parigi nel 1906, dove si avvicinò alla tecnica puntinista di Seurat, come attesta il paesaggio parigino “Printemps à Montmarte”.
Quattro anni dopo, Severini, insieme a Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Carlo Carrà e Luigi Russolo, aderì al Manifesto dei pittori futuristi; svolgendo dalla capitale francese un importante ruolo di collegamento fra l’ambiente parigino e il gruppo futurista italiano.
Sempre a Parigi era frequentatore di locali notturni e cabaret ed è proprio in quei luoghi che capì di non essere così vicino alle tematiche della velocità e delle macchine care al futurismo, ma di esserlo nei confronti di un movimento che aveva tutt’altra fonte, ossia la danza, che in quegli anni diventò la protagonista delle sue tele. Considerava le movenze di una ballerina uno specchio del movimento universale.
È di questi anni uno dei suoi dipinti più famosi: La danza del pan pan al Monico, distrutto nel corso della Seconda Guerra Mondiale, evento che portò l’artista a realizzarne una replica nel 1960, affinché l’opera non venisse dimenticata. L’effetto del quadro, dato dalla scomposizione in tasselli colorati, rende l’idea di movimento e modernità in un clima di spensieratezza che rievoca l’atmosfera dei locali parigini che amava frequentare.
Un anno fondamentale per Severini fu il 1916, poiché fu l’anno in cui l’artista innestò i valori dinamici del futurismo con quelli costruttivi del cubismo. Si avvicinò sempre di più a questo movimento, soprattutto grazie all’influenza di Pablo Picasso e George Braque, tanto da accantonare il tema della danza, per il quale aveva una particolare propensione, per dedicarsi alle nature morte.
Dal 1924 al 1934, anche a seguito di una crisi religiosa, si dedicò all’arte sacra in grandi affreschi e mosaici soprattutto per chiese svizzere.
Severini è un artista che non teme il cambiamento, al contrario gli va incontro e infatti nel 1948, all’età di 65 anni, rivoluzionò nuovamente il suo stile, facendo nascere le sue nuove opere dalla fusione della luce e dalla divisione del colore che rimandano al suo modello ideale, Seurat.
Fu solo due anni dopo che il suo talento fu consacrato, infatti ricevette il Gran Premio della Biennale di Venezia e il suo talento venne ampiamente riconosciuto dalla critica che apprezzò soprattutto la portata innovativa dell’artista, sempre in cerca di nuovi stimoli.
Nell’ultimo periodo della sua vita compì un percorso che lo riportò alle sue radici, con opere di matrice futurista e pointilliste.