Filippo de Pisis (Ferrara, 11 maggio 1896 – Brugherio, 2 aprile 1956), è stato un pittore e scrittore italiano, uno tra i maggiori interpreti della pittura italiana della prima metà del Novecento.
Non frequentò la scuola pubblica, ma studiò a casa con un precettore e attorno al 1904, cominciò a disegnare sotto la guida del professor Odoardo Domenichini e si interessò anche alla botanica, alla storia dell'arte ed alla letteratura; l’esperienza letteraria riaffiorò e tornò utile nel suo lavoro pittorico.
Fu chiamato a Venezia per la visita militare e lì eseguì qualche schizzo dei compagni di camerata, venne riformato, ma durante il soggiorno studiò Tiziano, Tintoretto e Tiepolo, mentre copiava nei musei e in raccolte private, quadri antichi. In questo periodo si impegnò in un esperimento di poesia futurista e a Bologna, dove si trasferì per frequentare l'Università, frequentò l’ambiente culturale della città, fece amicizia col critico Giuseppe Raimondi, conobbe Giovanni Cavicchioli, Umberto Saba ed altri e tenne rapporti epistolari tra gli altri con Giorgio De Chirico, Tristan Tzara.
Dopo essersi laureato in lettere, nel 1920 si trasferì a Roma dove si dedicò alla pittura; frequentò l'ambiente di "Valori Plastici" e strinse rapporti di amicizia con il pittore Armando Spadini.
In questo periodo lavorò alla definizione di un proprio linguaggio figurativo, iniziando ad elaborare le sue caratteristiche nature morte, accostando a forme evocative oggetti eterogenei tenuti insieme da una fattura piena del silenzio sospeso della pittura Metafisica. Esiti interessanti di quel periodo non mancano, ma è a Parigi, dove si trasferì nel 1925, che, anche grazie allo studio dei grandi ottocentisti francesi e dei contemporanei, raggiunse la piena padronanza dei suoi mezzi, avviando uno dei più straordinari itinerari della pittura del Novecento e dove acquisì una solida fama anche come poeta.
Il suo pennello divenne una sorta di sismografo capace di registrare con inimitabile immediatezza ciò che accadeva nell'attimo dell'incontro tra la sensibilità dell'artista e l'emozione che gli procuravano le cose, anche le più semplici.
Tra il 1924 e il 1927 realizzò le nature morte marine, nelle quali affiorava la lezione di Manet.
All’inizio de Pisis interpretava in modo personale la pittura di De Chirico e di Carrà, ma in seguito la sua vena pittorica si ridusse alle linee essenziali.
Le sue opere, che erano state esposte in tutta Europa e accolte nelle più importanti Gallerie e Rassegne d'Arte, raggiunsero il massimo successo alla Biennale di Venezia del 1948 e a quella del 1954.
Il Museo d'arte Moderna e Contemporanea di Ferrara ha riservato un'ampia sezione all'opera di Filippo de Pisis: dalla giovinezza ferrarese al periodo romano, dal soggiorno parigino, segnato dalla personalissima rivisitazione della pittura metafisica e dalla successiva maturazione della "stenografia pittorica" con la quale il pittore traduce sulla tela l'emozione di un paesaggio o di un interno, fino alla sintassi figurativa ridotta all'essenziale.