Giacomo Balla (Torino, 18 luglio 1871 – Roma, 1º marzo 1958) è stato un pittore, scultore, scenografo e autore di "paroliberi" italiano.
Fu tra i primi protagonisti del divisionismo italiano, ma divenne poi un esponente di spicco del Futurismo, firmando assieme a Marinetti e gli altri futuristi, i Manifesti che sancivano gli aspetti teorici del movimento. Frequentò l’Accademia Albertina di Belle Arti dove conobbe Pellizza da Volpedo.
Nei primi anni del ‘900 cominciò a dipingere quadri di matrice puntinista, senza tuttavia seguire rigorosamente il programma scientifico di Seurat e Signac.
Nel 1895 lasciò Torino per stabilirsi a Roma, dove rimase per tutta la vita.
Nel 1903, conobbe alla Scuola libera del nudo, Umberto Boccioni, Gino Severini e Mario Sironi. Tra tutti, però con Boccioni nacque un legame particolare che li condusse comunque verso strade diverse di ricerca sulla via futurista. Quando nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti pubblicò il primo Manifesto futurista, si unì al movimento con Boccioni, Carrà e Russolo. Nel 1910 uscì il Manifesto dei pittori futuristi e sempre nello stesso anno, insieme ai suoi compagni futuristi firmò il Manifesto tecnico della pittura futurista. Nell’ottobre del 1918 pubblicò il "Manifesto del colore", dove analizzò il ruolo del colore nella pittura d’avanguardia. Nel 1937 però scrive una lettera al giornale "Perseo" con la quale si dichiarò estraneo alle attività futuriste. Da quel momento fu accantonato dalla cultura ufficiale, sino alla rivalutazione, nel dopoguerra, delle sue opere e di quelle futuriste in genere.