Giorgio de Chirico (Volo, 10 luglio 1888 – Roma, 20 novembre 1978) è stato un pittore italiano, principale esponente della corrente artistica della pittura metafisica.
Nacque in Grecia da genitori italiani, ma nel 1906 si trasferì a studiare in Germania, dove venne a contatto con la cultura tedesca più viva del momento. Fu molto colpito dalla pittura simbolista e decadente di Arnold Böcklin e Max Klinger. Nel 1910 si trasferì a Parigi dove divenne amico dei poeti Valery e Apollinaire, ma rimase estraneo al cubismo che, in quegli anni grazie a Picasso, rappresentava la grossa novità artistica parigina.
Rimase sempre estraneo alle avanguardie, per le quali manifestò spesso atteggiamenti polemici. In quegli anni dipinse molti dei suoi quadri più celebri che vanno sotto il nome di “Piazze d’Italia”. Si tratta, infatti, di immagini di quinte architettoniche che definiscono spazi vuoti e silenziosi; vi è solo la presenza di qualche statua e in lontananza si vedono treni che passano. L’atmosfera magica di queste immagini le fa sembrare visioni oniriche.
Nel 1916, all’ospedale militare di Ferrara, De Chirico incontrò Carrà, ed insieme elaborarono la teoria della pittura metafisica. Il termine metafisica nasce come allusione ad una realtà diversa che va oltre ciò che vediamo allorché gli oggetti o gli spazi, che conosciamo dalla nostra esperienza, sembrano rivelare un nuovo aspetto che ci sorprende. Così le cose che conosciamo prendono l’aspetto di enigmi, di misteri, di segreti inspiegabili.
In quel periodo, oltre agli spazi architettonici, entrarono nei soggetti del pittore anche i manichini. Questa forma umana, pur non essendo umana, si presta molto bene a quell’assenza di vita che caratterizza la pittura metafisica. Anzi, per certi versi la esalta, data la visibile contraddizione tra ciò che sembra umano ma non lo è.
Nel 1924 tornò a Parigi dove frequentò il gruppo dei Surrealisti. Benché i surrealisti riconoscono in De Chirico un loro precursore, il pittore italiano non accettò mai di integrarsi nella loro poetica o nel loro stile. In seguito la sua pittura si rivolse sempre più ad una classicità di tipo archeologico, dove il ricorso alle mitologie venne sempre interpretato in chiave metafisica. Fu proprio alla pittura metafisica che fece costantemente ritorno anche negli anni successivi, fino alla morte.