Warhol&Friends
New York negli anni ’80
In corso a Palazzo Albergati fino al 25 febbraio 2019 “Warhol & friends. New York negli anni ’80”. Il titolo della mostra riassume i cardini del percorso espositivo tramite i quali il curatore Luca Beatrice ha evidenziato il nascere di nuove tendenze artistico-culturali nell’America di Reagan, caratterizzata da un forte sviluppo economico, ma anche da eccessi e dallo svilupparsi di patologie quali l’AIDS, che seminerà vittime anche tra gli artisti.
Warhol, che già negli anni ’60 era stato protagonista indiscusso con la sua “Factory”, ritorna alla ribalta negli anni ’80 divenendo punto di riferimento per i nuovi artisti emergenti decisi a fare successo in una New York frenetica e dai mille stimoli.
La mostra si apre con un’intera sala dedicata alle opere più famose e più riconoscibili di Warhol, dalle zuppe Campbell del 1962, al ritratto di Marylin (1967), ai ritratti seriali di Rauschenberg e Jacqueline Kennedy, a Mao, alla sedia elettrica e alle foto con i protagonisti della Factory.
Ma se da un lato le opere di Warhol furono caratterizzate dalle ripetizioni seriali dei maggiori protagonisti del tempo e da una ritrattistica capace di rendere riconoscibile i protagonisti solo da poche caratteristiche identificative, come ad esempio gli occhi e le labbra nel ritratto di Liza Minelli, dall’altro si affermavano nuove forme espressive come la Street Art, il New Wave, la Transavanguardia Internazionale, il Neo Geo insieme a figure femminili sempre più di rilievo.
Sebbene la Street Art si stesse già evolvendo negli anni ’70, esplose nel 1980, quando il collettivo indipendente CoLab – Collaborative Projects, Inc., spesso in collaborazione con Fashion Moda, inaugurò la mostra “The Time Square Show”. Presenti i maggiori esponenti della nuova arte quali Keith Haring, Basquiat, Kenny Scharf, Donald Baehler che esposero opere quali quadri, disegni, carte da parati, graffiti strappati, video, performance. Presenti in mostra “Untitled” (1982) di Keith Haring e alcune opere di Basquiat.
Ma la sola “Street art”, non racchiudeva tutte le molteplici forme artistiche imperanti a New York in quegli anni e, solo un anno dopo The Time Square Show, Diego Cortez, critico e musicista, inaugura “New York/New Wave” nella location PS1 destinata a divenire la futura sede espositiva del Moma. Questa mostra è un’altra pietra miliare in quanto racchiude diverse discipline e 119 artisti tra cui i fotografi Nan Goldin, Robert Mapplethorp, Maripol, Edo Bertoglio, di cui è presente la foto “Warhol at Studio ‘54” (1978).
Le tensioni espressive dirompenti nella New York di quegli anni, portarono alcuni artisti a meditare un ritorno alla pittura, elaborando soluzioni formali di ispirazione fortemente espressionista come in Sandro Chia e Francesco Clemente, ma anche surrealista come in Schnabel e Salle strutturando così la Transavanguardia Internazionale, che si affiancava al Neo Geo ovvero Neo Geometric Conceptualism, di ispirazione fortemente concettuale. Nel 1986 Meier Veisman organizzò una mostra collettiva alla Sonnabend Gallery a cui parteciparono anche Halley e Koons, che vennero definiti per la prima volta artisti appartenenti a tale movimento, la cui finalità era principalmente quella di seguire il mercato, attraverso la creazione di opere basate sull’astrattismo geometrico, che ricordava i byte dei processori e l’urbanistica delle città come in Halley, ma anche opere mirate al lusso dal gusto kitch, come in Koons. Rappresentativa di tale finalità è l’opera di Warhol “Levi’s” (1984), sebbene di forte impatto pop.
Continua, però, a svolgere un ruolo fondamentale la fotografia, rappresentata da molteplici artisti quali Oliviero Toscani, Timothy Greenfiled-Sanders, Robert Mapplethorpe, Edo Bertoglio. Le opere di Robert Mapplethorpe presenti in mostra rappresentano la sua attenzione verso la monumentalità delle forme, sebbene trasgressive e di forte carica erotica, ma con uno spiccato richiamo alla classicità.
Il ritratto di Francesco Clemente (1987) scattato da Timothy Greenfiled-Sanders è portavoce di una profonda ricerca introspettiva, come lo sono anche le polaroid scattate da Warhol, di cui ne sono presenti 38, rappresentanti personaggi famosi e scene di vita. Ma se la finalità dei fotografi era principalmente quella reportistica, ovvero il racconto della realtà, delle feste, degli eccessi e dei volti caratterizzanti quegli anni, l’intento di Warhol era quello di voler ricordare ogni istante, quasi per creare un libro dei ricordi.
Presenti, inoltre, anche le opere di alcune artiste, che dopo l’ondata del ’68, furono impegnate all’elaborazione di nuovi linguaggi di comunicazione, con particolare attenzione al corpo oggetto dell’immaginario maschilista, di cui contestavano il comportamento e l’atteggiamento. Tra le artiste in mostra Nan Goldin, Kiki Smith e Jenny Holzer.
A chiusura del percorso espositivo una riproduzione dello studio ’54, location di feste e di vita newyorchese, quasi a riportare indietro nel tempo lo spettatore in quegli anni di energia e trasgressione, che si sono conclusi con la morte dei principali protagonisti: Warhol, Basquiat, Mapplethorpe ed Haring.
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